Kubrick e i genitori senza paura
Ho già parlato del regista Kubrick e di come abbia, paradossalmente, guidato il suo autista Emilio nel sostenerlo nel posto di regista, rinunciando al proprio sogno di fare il pilota di Formula Uno. Ripensando al documentario, la mia attenzione si sofferma ora su un altro “dettaglio” che ci permette di vedere la stessa scena in un modo nuovo, senza, per questo, annullare l’interpretazione precedente (“S come Stanley, A come Amicizia? Kubrick e il suo autista).
Ad un certo punto, Kubrick si assicura che i propri genitori passino un tempo sereno con il suo autista prima della prima di un film. Chiede all’autista di stare molto vicino a loro durante la proiezione del film convinto che avranno molta paura. In realtà, i genitori non provano affatto paura e il documentario si conclude dicendo che tutto il mondo, tranne i genitori di Kubrick, ha provato paura di fronte ai suoi film.
Quindi, come in tutte le costruzioni soggettive, Kubrick si è costruito sulla mancanza di paura dei genitori, spinto dal desiderio di colmarla, spinto dall’amore per i genitori. La mancanza crea il desiderio, ipertrofizza il soggetto che si confronta con essa. Lo spinge sempre più in una direzione che, se qualcosa non va storto, diverrà l’asse portante della propria vita. Quindi, non solo l’autista Emilio, ma anche il regista Kubrick sono stati manipolati da qualcun Altro per le scelte che hanno fatto? A seconda della mancanza che un soggetto incontra, si orienta collocandosi in un punto ben preciso del mondo. Essere consapevoli di questo, può aprire nuovi mondi perchè, per il soggetto, si trovano nuove mancanze? Oppure, la macanza è sempre la stessa, ma si presenta sotto altre forme?
Cosa sarebbe stato Kubrick senza l’assenza di paura dei genitori?
Susanna Premate